Saint Seiya Hades

4. RESURREZIONE, Tomo 1 - Capitolo di Mei

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Minos82
view post Posted on 20/12/2010, 17:35     +1   -1




Sulle pendici dell'Etna, Pegasus continua a combattere contro il possente Agrios, il cui colpo è riuscito persino ad incrinare la sua armatura. Ora più prudente di fronte alla forza del nemico, l'eroe riprende il duello, mantenendosi a distanza ed attaccando con il suo Fulmine, che però sembra non riuscire a perforare l'Adamas azzurra di Agrios. Con un gesto veloce, la Forza Bruta sferra nuovamente la Pressione di Roccia, lanciandosi su Pegasus e sbattendolo violentemente a terra, fino a farlo sprofondare nelle ceneri del vulcano. Agrios ridacchia dicendo che se Pegasus morisse ora, lui dovrebbe subire i rimproveri di Encelado e Thoas, e decide di trascinarlo via con se, ma il cavaliere improvvisamente si rialza e sferra la Cometa di Pegasus, frantumando l'elmo dell'Adamas del Gigante e ferendolo leggermente. Furioso, ma anche sorpreso dalla forza segreta del ragazzo, Agrios fa esplodere il suolo con la Pressione di Roccia, ma stavolta Pegasus riesce ad evitarla, avendola già vista in precedenza per ben due volte. Attaccando con determinazione, il cavaliere colpisce Agrios con una spallata, spingendolo indietro, poi lo afferra e lo trascina in aria, scatenando la Spirale di Pegasus. Sbalordito, Agrios non riesce a reagire ed i due sbattono violentemente a terra, sprofondando nella roccia. Rialzandosi affannato, Pegasus si accascia a terra per rifiatare: non avverte più il cosmo del nemico e la battaglia è vinta, anche se ha dovuto rischiare la vita. Preoccupato, Pegasus si chiede cosa sia successo ad Andromeda e Mei.

Altrove, Andromeda è impegnato in battaglia contro Thoas, il Lampo Veloce. La catena di difesa è disposta a terra a spirale, a protezione dell'eroe, ma, dopo due tentativi andati a vuoto, il Gigante inizia a correre vorticosamente attorno al nemico, sperando di confondere l'arma. La catena però non si lascia ingannare e colpisce Thoas al volto, facendogli cadere l'elmo ed obbligandolo a riconsiderare la sua strategia. Approfittando dell'attimo di pausa, Andromeda chiede al nemico di rinunciare alla lotta, spiegandogli che lui non desidera ferire o uccidere senza un vero motivo. Thoas però lo critica, rispondendogli che loro non hanno bisogno di una ragione per lottare, è così e basta, e lo accusa di semplice codardia. Espandendo il suo cosmo, Thoas genera un'energia tagliente, che supera agevolmente la catena di difesa ed apre numerosi tagli sul corpo del cavaliere. Il potere difensivo della catena di Andromeda dipende infatti dall'intensità del cosmo dell'eroe, ed un cosmo nemico superiore, come ora è quello del Gigante, può superare la spirale dell'arma. Per di più, i tagli aperti da Thoas, anche se minuscoli, sanguinano copiosamente senza mai richiudersi: questo è infatti il potere della Stigma, ovvero la capacità del Gigante di controllare il flusso del sangue della vittima a proprio piacimento. Thoas minaccia che quel potere, sviluppato per poter offrire al suo signore fino all'ultima goccia di sangue di un sacrificio umano, ora porrà fine alla vita del cavaliere, proprio come ha fatto con un soldato semplice la notte prima, al Grande Tempio. Amaramente, Andromeda abbassa allora la catena difensiva, ammettendo che lui detesta combattere, ma poi aggiungendo che, in caso di necessità, ha imparato a farlo. Improvvisamente il suo cosmo esplode, e la catena di attacco, finora rimasta in disparte, schizza contro Thoas con le Onde del Tuono. Pur preso alla sprovvista però, Thoas è ancora il più veloce, e riesce ad afferrare al volo l'arma, incurante dell'elettricità da essa generata. Ora in crisi, Andromeda inizia a vacillare a causa della perdita di sangue, e sembra alla mercè del nemico. Thoas afferma che il suo avversario è ben strano, perchè alterna attimi di notevole forza ad altri di fragilità, ma deve comunque ucciderlo, facendo ricorso alla sua tecnica più potente, lo Sparo Vendicatore. Il tremendo pugno di Thoas frantuma la catena di difesa, nuovamente sollevata da Andromeda, e sta per abbattersi sul ragazzo, quando sul campo di battaglia inizia incredibilmente a nevicare. Tale prodigio è segno dell'arrivo di un altro cavaliere: Cristal il Cigno, giunto in soccorso di Andromeda. A differenza dell'amico, Cristal non è interessato a parlare con Thoas, ma solo a combattere. Infastidito da questo suo atteggiamento, il Gigante sferra di nuovo lo Sparo Vendicatore, ma dopo pochi passi si rende conto di non potersi più muovere, le sue gambe sono infatti imprigionate dagli Anelli del Cigno. Il ragazzo sferra poi la Polvere di Diamanti, scatenando una tempesta di neve e ghiaccio che intrappola Thoas. Raggiungendo Andromeda, Cristal ferma la sua emorragia colpendo uno dei centri vitali, poi spiega che è stato Kiki a farlo arrivare così in fretta, teletrasportandolo dalla Siberia per ordine di Isabel, anche se questo lo ha spossato. Grazie al bambino, Cristal conosce già la situazione, e propone all'amico di andare alla ricerca di Mei, che potrebbe essere in pericolo, e di Pegasus, il cui cosmo è debole ma percettibile. Mentre la catena di difesa si ricompone da sola, Andromeda acconsente ed i due riprendono la scalata dell'Etna.

Da un'altra parte del vulcano, Pegasus ha trovato quello che sembra un cratere spento, e decide di entrarvi all'interno, percependo dalle sue profondità un cosmo che potrebbe appartenere a Yulij. Appena dentro però, Pegasus si sente inspiegabilmente pesante e debole, e rischia di cadere in un crepaccio. A salvarlo è Mei, che, incolume, spiega di essere riuscito a fuggire da Pallas perchè conosce bene la zona dell'Etna. In quel momento sopraggiungono anche Andromeda e Cristal e, dopo un rapido scambio di battute e saluti tra il Cigno e Mei, i quattro riprendono a camminare in direzione del cosmo che avevano percepito poco prima. Usando la catena di Andromeda come fune, i quattro scendono in profondità, raggiungendo una caverna le cui pareti misteriosamente emettono una strana luce. Pur affaticati dal caldo e dal gas, gli amici proseguono, consapevoli però di trovarsi in una zona sacra, dal momento che la catena di Andromeda è in costante tensione. Più in profondità, Encelado è preoccupato per la sconfitta di Agrios e Thoas, mentre alle sue spalle Yulij, sempre in catene, ha ripreso i sensi. In quel momento sopraggiungono Pegasus e gli altri, lieti di rivedere la sacerdotessa ancora in vita, ma anche preoccupati dall'essere di fronte a quello che sembra un altare di sacrificio. Consapevoli che il gas rischia di uccidere Yulij, i cavalieri attaccano Encelado. Cristal sferra la Polvere di Diamanti, ma, nonostante la sorpresa, il sacerdote dei Giganti riesce a ribaltare il colpo segreto, spingendo indietro Cristal e gli altri. Per di più, i cavalieri si sentono sempre più deboli e pesanti, ed improvvisamente si rendono conto che non può essere colpa delle ferite riportate contro Agrios e Thoas, visto che persino Cristal e Mei, che finora non hanno subito danni, sono nelle stesse condizioni. La Polvere di Diamanti aveva metà della sua forza normale, ed in generale da quando sono entrati nella caverna quel senso di pesantezza e torpore è aumentato. Mei intuisce allora che il loro cosmo sta venendo rapito da qualcuno, ed Encelado conferma la cosa: mettendo piede sull'Etna hanno varcato il Campo di Flegra, ovvero una barriera che protegge la terra dei Giganti, proprio come il cosmo di Atena protegge il Grande Tempio. Il Campo di Flegra sta assorbendo il loro cosmo ogni volta che lo bruciano o lo usano per attaccare, mentre i Giganti, protetti dalle loro Adamas, ne sono immuni. Inoltre, è sempre a causa del Campo di Flegra che le pareti della caverna brillano di luce propria. Encelado continua spiegando che, essendo solo in pochi, i Giganti non potevano attaccare frontalmente il Grande Tempio, e così hanno attirato a se i nemici rapendo Yulij. Ora le energie dei cavalieri nutriranno il Dio dei Giganti, sebbene Encelado sperasse in vittime più potenti di semplici guerrieri di bronzo. Senza aggiungere altro, il Sacerdote si lancia all'attacco, ma Pegasus, intuendo che più tempo passa e più sono vulnerabili, decide di tentare il tutto per tutto e reagire, facendo esplodere il proprio cosmo. Improvvisamente però, qualcuno lo trapassa all'addome, perforando la sua armatura e ferendolo gravemente: Mei. Andromeda e Cristal sono sbalorditi, e la situazione peggiora quando dal corpo del ragazzo si manifesta un cosmo immenso e terribile, impensabile per un comune soldato semplice. Ridendo sinistramente, Mei si bagna del sangue di Pegasus, mentre Encelado esulta, gridando che grazie al sangue di un cavaliere, carico di cosmo, la resurrezione del grande Dio potrà avere finalmente luogo. Andromeda e Cristal non capiscono cosa stia accadendo, tanto più che improvvisamente arrivano anche Pallas, Agrios e Thoas, completamente incolumi. Questi ultimi infatti avevano solo finto la sconfitta, protetti dalle loro Adamas mentre i nemici erano indeboliti dal Campo di Flegra. Disinteressandosi a loro, Encelado inizia ad invocare il nome del loro signore, figlio del Tartaro, padre delle creature maligne, signore dei venti tempestosi, esortandolo ad annunciare il proprio nome. Contemporaneamente, Mei si contorce di dolore, leccando il sangue di Pegasus e strappandosi la pelle, per poi dichiarare la sua vera identità: Tifone.

Agrios, Thoas, Pallas ed Encelado si prostrano di fronte al rinato Tifone, accogliendone il ritorno sulla Terra. Cristal e soprattutto Andromeda sono atterriti di fronte al Dio, e faticano ad evitare che la paura prenda il sopravvento, ma Tifone li ignora, osservando piuttosto il corpo di Mei che ora abita. Insoddisfatto, chiede dove sia il suo corpo mitologico, e Encelado, terrorizzato, gli ricorda che è stato distrutto da Atena. I Giganti fanno attenzione a non guardare il Dio negli occhi ed a non pronunciarne il nome, perchè queste azioni gli farebbero perdere gli occhi o cadere la lingua. Tifone sembra capire, ma poi ripete di nuovo la domanda, agendo in maniera incoerente ed illogica, e frantuma il bastone di Encelado in un attimo di ira, causando un forte vento nella caverna. Pacatamente, Encelado gli spiega di nuovo la situazione, ma Tifone continua a lamentarsi perchè nel debole corpo di Mei non può esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. Pur nella sua follia però, il Dio bada a non chiamare per nome i suoi Giganti, perchè coloro che udiranno il loro nome pronunciato da lui perderanno sangue dagli occhi ed impazziranno. Encelado dirige allora l'attenzione di Tifone verso il suo sacrificio umano: Cristal e Andromeda, e la catena del secondo inizia ad emanare un suono acuto, segno dell'enorme pericolo imminente. I due guerrieri cercano di difendersi, disponendo la catena e creando un muro di ghiaccio, ma entrambe le protezioni cadono senza difficoltà non appena Mei si avvicina loro, chiedendo chi sarà il primo a sacrificarsi per lui e sollevandoli per la gola. In quel momento però, Atena compare sul campo di battaglia, circondata dal proprio cosmo divino e pronta ad affrontare l'antico Dio. I due si chiamano per nome, ed i loro cosmi si fronteggiano in aria, senza che alcuno riesca a risultare nettamente superiore, poi Isabel, accertatasi delle condizioni di Andromeda e Cristal, si avvicina a Pegasus, curandone l'emorragia. Agrios ed Encelado si chiedono come abbia potuto Atena teletrasportarsi oltre il Campo di Flegra, ma poi vengono spinti indietro dal cosmo della Dea. Tifone intuisce allora che Atena ha aperto un varco nel Campo di Flegra, ma la cosa non lo preoccupa, ed anzi ride della richiesta della Dea di lasciar libero Mei. D'altra parte però, Tifone sa di essere in svantaggio senza il suo corpo mitologico e così si volta verso Yulij, il suo sacrificio umano, per fortificarsi grazie al suo sangue. Atena cerca di fermarlo, ma esita per non ferire il corpo di Mei, e quindi la situazione è di stallo. Improvvisamente, Tifone chiede un tributo di sangue e, senza ragione apparente, colpisce all'addome Agrios e Thoas, perforandone le Adamas ed i corpi. Immediatamente, il loro sangue, grondato a terra, viene assorbito, rafforzando il cosmo di Tifone ed il Campo di Flegra. Prima di spirare, i due offrono al loro signore anche il proprio cosmo, lasciandosi assorbire e divorare. Soddisfatto, Tifone ordina ad Encelado di offrirgli il suo corpo, ben più forte di quello attuale, e non appena il Sacerdote acconsente, si prepara a trasferire la propria anima al suo interno. In quel momento però, una voce lo blocca: è Mei che, tornato in se, chiede ad Isabel di ucciderlo ora, prima che il trasferimento sia completato ed il Dio diventi invincibile. Atena esita, combattuta sul da farsi, e Mei continua a lottare per restare in controllo, nonostante il potere di Tifone lo sovrasti. Improvvisamente, Pallas, finora rimasto nell'ombra, si avventa su di lui, trafiggendolo all'addome con gli artigli. Nello stesso momento, Tifone completa il trasferimento, prendendo possesso del corpo di Encelado ed assorbendo il cosmo finora assorbito dal Campo di Flegra. Grazie ad esso, l'aspetto del Gigante cambia, ed una nuova Adamas compare sul suo corpo, prova definitiva della possessione da parte di Tifone. Il Dio adesso emette fulmini e fiamme dal corpo, e sembra inarrestabile, proprio come ai tempi del mito, pronto a combattere una nuova Gigantomachia, ben diversa dalle guerre sacre cui Atena è abituata. Vedendo che Atena esita, Tifone cerca di afferrare e divorare Mei, ma Isabel lo protegge con lo scettro di Nike, tenendo a distanza il Dio. In quel momento, nel vuoto compare lo scrigno di un'armatura, che però non è d'oro, d'argento o di bronzo, ma nero come la notte, e su di esso sono impresse le stelle di una costellazione. Contemporaneamente, Mei si rialza, gridando di non essere un burattino, ma un cavaliere di Atena. A queste parole, lo scrigno si apre, ed il ragazzo indossa l'armatura della Chioma di Berenice, corazza che era rimasta sigillata per millenni insieme a lui. Nonostante la sorpresa, Mei riesce a sferrare un colpo, con cui sfigura Tifone, poi crolla per la fatica e le ferite, mentre l'Etna erutta violentemente, inondando la caverna di lava.
 
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